Articolo a cura di Pietro Venezia, Medico veterinario, omeopata e permacultore.
Parlare e scrivere di permacultura oltre ad applicarla quotidianamente rappresenta per me un percorso a ritroso che comincia nel 1991 ed arriva ad oggi.
Nel 90, finita la Facoltà di veterinaria ho iniziato a lavorare sulle colline parmensi con le vacche da latte per il Parmigiano Reggiano. Ogni mattina presto, da Parma, raggiungevo in moto un collega di Medesano installato da tempo in quella zona e dopo un veloce caffè si partiva a visitare gli animali.
Il viaggio in moto di andata e ritorno dal lavoro e i giri in auto per raggiungere le varie stalle rappresentavano per me l'occasione di osservare il territorio e di leggerne il contesto. Immerso nel panorama delle meravigliose colline della zona, mi interrogavo spesso sul perché pur lavorando per la produzione di uno dei formaggi più famosi al mondo, non vedevo praticamente mai gli animali nei dintorni, al pascolo, fuori dalle stalle.
In quella zona c'erano migliaia di vacche, vitelli, tori ma non si vedevano in giro, questi animali non conoscevano minimamente il territorio che li ospitava, non lo vivevano, erano e sono ancora dopo 30 anni, creature invisibili, migliaia di esseri senzienti presenti/assenti.
Sono sempre stato un viaggiatore, durante gli studi ho visitato tanti posti in Europa ed in Asia e mi ha sempre colpito il fatto che più mi avvicinavo a popolazioni ancestrali, ricche di saperi, tradizioni, e conoscenza del territorio, più l'animale riappariva nel paesaggio, vacche, pecore, capre, asini, cavalli, galline, anatre, tacchini, maiali, cani, gatti, ritornano ad essere visibili, il paesaggio non era composto solo da case, alberi, macchine, prati e boschi, il paesaggio si arricchiva in progressione della presenza degli animali: gli animali e gli umani condividevano spazi e risorse comuni.
Lasciata l'esperienza del Parmigiano Reggiano sono partito con Veterinari senza Frontiere per il Guatemala, in Centro America e per anni ho vissuto con gli indigeni Maya Ixil. Con loro, mi sono finalmente immerso, anima e corpo, nel mondo di convivenza dell'animale e dell'uomo, finalmente potevo provare uno stile di vita senza separazioni fisiche e psicoemozionali tra uomo, animali, ambiente e produzioni agricole.
Quando cominci a vivere in un mondo popolato da animali, non rinchiusi in stalle, porcilaie e pollai, le cose cambiano radicalmente, i sistemi agricoli, abitativi, di pascolo, orticoli, boschivi, climatici, strade e sentieri, diventano un organismo unico in continua interconnessione tra animali ed umani, un mondo comunitario popolato da esseri viventi con differenti necessità e bisogni. Come cooperante e tecnico questa nuova situazione, mi ha messo di fronte a grandi lacune conoscitive e di comprensione, ho dovuto confrontarmi con la mancata conoscenza che avevo rispetto all'etologia delle varie specie, alle qualità delle razze e specie autoctone, al fatto che alcuni problemi ambientali e di gestione influiscano strutturalmente sulla salute di suolo, piante, animali e persone, mi sono confrontato con il cambio delle stagioni, con le differenze topografiche dei terreni, con l'eccesso o il difetto di acqua, con l'eccesso e il difetto di cibo, con i sistemi integrati agrosilvopastorali.
Ho incominciato ad informarmi su nuove possibilità di approccio terapeutico e di conoscenza, ho ricercato informazioni dove l'animale non fosse un elemento esterno all'ambiente in cui vive ma un elemento integrato perfettamente nel territorio ospitante. In quel momento ho scoperto l'esistenza della Permacultura ed ho cominciato a studiarla, applicarla e comprenderne il grande e potente valore culturale e tecnico/pratico.
Grazie a Benoit Maria, agronomo e permacultore francese ho cominciato a mettere in relazione i sistemi e a capire quali erano le azioni più adeguate da mettere in atto per migliorare la convivenza tra animale, produzioni agricole, uomo ed ambiente, ho imparato ad osservare la natura ed i suoi movimenti, a copiare e riprodurre i sistemi meglio adattati a quel territorio e ad i suoi abitanti. Mi sono reso conto che osservare ed analizzare i sistemi non basta, ci vogliono delle basi metodologiche progettuali di semplice comprensione e applicabili che possano aiutarti a costruire un sistema adeguato per quel particolare appezzamento di terra. Studiare e praticare la Permacultura ti permette di conoscere le metodologie adeguate per costruire o ricostruire sistemi produttivi permanenti e ricchi di abbondanza.
Ci sono varie metodologie per analizzare un sistema produttivo, in particolare uno molto semplice che utilizzo costantemente, un progetto deve essere: 1) buono per il suolo 2) buono per gli animali e le piante 3) buono per l'agriallevatore 4) buono per la famiglia, i vicini ed i clienti.
Grazie alla convivenza con etnie ancestrali, al costante lavoro pratico sul campo, all'utilizzo della tecnologia, allo studio della natura e delle pratiche permaculturali, assieme ad Andrea Minchio, amico, permacultore, cartografo e laureato in scienze ambientali, abbiamo pensato di proporre un PDC (Corso di progettazione in permacultura di 72 ore) in collaborazione con la Permaculture Association del Regno Unito, dove Andrea ha fatto la formazione come progettista in Permacultura.
La Permaculture Association rilascerà ai partecipanti l'attestato di partecipazione riconosciuto a livello internazionale.
In questo corso Percorso di progettazione in Permacultura che si svolge a Borgo Basino sulle colline della Val Bidente imparerai a leggere quello che la natura ci dice, a limitare lo stress dovuto all'inesperienza o a cambi ambientali, a limitare fatica fisica ed economica grazie alla progettazione di sistemi utili, sani e permanenti.
Un grande abbraccio