Perchè si dovrebbe seguire un corso sull’accompagnamento alla fine della vita?

Nonostante il lavoro che faccio e nonostante sapessi perfettamente che era ammalata in modo irreversibile, ho vissuto quelle che, dopo mi resi conto essere, le sue ultime settimane di vita nella piena incoscienza, come se a fianco a me stesse camminando il cane più sano del mondo. Questa sorta di inconsapevole negazione della realtà da un lato ha protetto entrambe dal chiuderci anticipatamente nel dolore, ma dall’altro, ho capito dopo, mi ha chiamata fuori dal vivere con presenza e lucidità gli ultimi giorni con lei. Alla fine, quando collassò dopo una giornata in cui vedevo che “non era la solita Camilla”, in un istante per la prima volta mi ha attraversato il pensiero che se ne stava andando…ricordo di essere stata sovrastata da una disperazione mista a senso di panico e impotenza: giravo intorno a lei con la testa nel pallone, non sapendo cosa fare né se avessi potuto fare qualcosa di utile, nel frattempo. Mi sono ritrovata ad essere del tutto impreparata di fronte a questo evento che stava per succedere e mi chiedevo se lei sapesse che l’avevo amata tanto, se glielo avevo mai detto in modo chiaro, se le avessi regalato dei bei momenti, se fossi stata una buona compagna di vita per lei o solo un disastro come mi sentivo in quel momento. Averla adottata dal canile era bastato come gesto generoso nei suoi confronti o ne avevo avuti altri? Mi sentivo in debito o in credito di affetto? Ero mai stata davvero presente con lei o l’avevo vissuta come una presenza discreta e paziente al mio fianco dandola alla fine un po’ per scontata? Mi sentivo in una gabbia che troppo velocemente stava stringendo su di noi le sue pareti.
Era ormai sera e decisi di chiuderci nel mio studio per stare sole e non rischiare di sentirmi dire cosa avrei dovuto o non dovuto fare negli ultimi istanti che ero con lei. Era troppo tardi per sprecare un singolo minuto di quei pochi che ci restavano. Sono sprofondata in un dolore terribile che dopo un certo tempo ha cominciato a risuonare con alcuni lutti che avevo subito in precedenza, anche di persone care ma che mai avevo vissuto pienamente. Avevo mollato ogni resistenza al dolore che sembrava mi spaccasse il cuore. Ero solo capace di accarezzarle la testa e chiedere scusa. Scusa per non riuscire ad essere forte per lei e con lei in quella situazione. Sembrava che i suoi respiri fossero sintonizzati al mio dolore e quando questo si faceva più insopportabile, lei si agitava e respirava in modo più affannoso…fino a che ha emesso un breve lamento e io per un istante ho recuperato la lucidità minima sufficiente per farle un’alta dose di sedativo e lasciare che si addormentasse. Per sempre. Nella mia testa mi ripetevo che avevo ucciso il mio cane! Che brutta persona ero? Non avrei tollerato un secondo lamento anche se avrei voluto trovare in me più forza. Ma non avevo gli strumenti interiori per fare diversamente.
Quando due anni dopo ho affrontato la morte della mia vecchia gatta, Nina, l’esperienza di Camilla mi ha fatto essere più presente e mi sono presa il tempo di salutarla un giorno prima che lei salutasse definitivamente me. Il dolore c’è stato, ma non la disperazione. Nel frattempo avevo seguito il corso di Stefano Cattinelli sull’accompagnamento empatico alla fine della vita e avevo letto i suoi libri e approfondito molto l’argomento. Avevo in qualche modo capito cosa mi mancava e dove dovevo lavorare dentro di me. Ho scoperto che il dolore va bene, la disperazione non ha un senso. Non serve. La paura anche non serve. Ho ripulito di molte emozioni inutili la mia interiorità e oggi riesco a stare serenamente al fianco degli animali morenti e delle loro persone. Sento di essere efficace nel portare quei contributi che Stefano ha portato a me nel suo corso. Ciò ha trasformato alcuni aspetti della mia vita e anche di come vedo la vita, oltre che la morte.
Posso dire di essere una persona più serena. Più in pace. Nel suo per-corso Stefano mostra come è possibile rimanere a fianco del nostro animale morente senza farci sovrastare dal dolore e dal panico ma imparando ad accompagnarlo gestendolo personalmente fino alla fine come in un viaggio. Durante questo viaggio ci spingiamo sempre un po’ più in là fino a luoghi dentro di noi che non avevamo mai esplorato, apriamo porte che non sapevamo di avere e superiamo paure ataviche. Rimaniamo presenti nell’esperienza con il nostro animale e a volte non sappiamo più se siamo noi ad accompagnare lui o viceversa, se è lui che ci sta tenendo la mano per fare quei passi per noi così delicati e importanti. Anche se vivete con animali ancora giovani quello sull’accompagnamento è un corso importante da seguire perché non si può sapere quando si verrà chiamati a doverli salutare e comunque si sa che sarà sempre troppo presto per noi. Allora se ci si prepara prima, è meglio. Al momento buono avrete più strumenti per lasciare che la morte del vostro animale possa trasformarsi in una esperienza ricca di contenuti trasformativi e non solo un brutto giorno da dimenticare.