La fine della vita (dedicato a Toby e alla sua persona)

Non si tratta di negar loro l’estremo aiuto quando sono ormai in agonia, lasciando che si spengano da soli ancora consapevoli. Ancor meno si tratta di non alleviare in ogni modo la loro sofferenza fisica, qualora vi fosse. Se fosse così chi, come me, propone l’accompagnamento sarebbe un pazzo o un medico senza cuore…stiamo parlando di accompagnare il nostro amato animale alla fine del suo viaggio nel suo corpo, stiamo parlando di aiutare la sua anima a lasciare la dimensione materiale dell’esistenza e scivolare dolcemente nell’infinito.
E’ necessario che il medico che propone questa possibilità, abbia a sua volta fatto un percorso di crescita e consapevolezza all’interno delle dinamiche emozionali che entrano in gioco quando una persona deve prepararsi a salutare il proprio amato animale. E credo ci voglia un’attitudine del tutto personale nell’affacciarsi serenamente a questi argomenti.
I Maestri yoghi decidono per se stessi e consapevolmente il dove e quando lasceranno il loro corpo perché passano l’intera vita a contatto con le dimensioni più spirituali del proprio “essere umani”. Gli animali sono già in contatto con l’infinito, vivono nel presente, non sono fuorviati dal costante turbinio dei loro pensieri e non hanno opinioni sulla morte: semplicemente vi si abbandonano affidandosi al naturale divenire della vita. Questo processo si fa più difficile e talvolta addirittura l’animale resta aggrappato al proprio corpo perché, innamorato della propria persona, sente che questa non riesce a lasciarlo andare e cerca di darle tempo per accettare ciò che è.
Accompagnare alla fine della vita significa sostenere l’essere umano nelle ultime giornate in cui la paura, i dubbi, la pesantezza delle scelte diventano insopportabili unite al dolore della perdita imminente. Significa ricavare uno spazio dove è possibile sentire il dolore lasciando fuori la disperazione e il senso d’impotenza. Significa sintonizzarsi con l’animale morente e respirare al suo ritmo, abbandonandosi al sentire piuttosto che al fare.
Quanto prima si comincia il percorso di preparazione quanto più pronti si arriva al fatidico giorno e tanto meglio si riuscirà a stare vicino al proprio animale facendogli sentire che siamo con lui e che può andare. Se si crea un ambiente calmo e sereno, con il dispiacere certo, ma avendo lasciato il panico fuori dal nostro cuore, l’animale si sentirà accompagnato e si lascerà scivolare nel sonno con dolcezza e naturalezza.
Nel vivere un’esperienza di questo tipo, la persona sempre si rafforza e impara a superare la paura che, ahimè, nella nostra cultura, è così strettamente legata al concetto di morte. Ciò sarà per lei di grande aiuto in tutta la sua vita quando, inevitabilmente, dovrà concedere l’estremo saluto ad un altro animale, ad una persona cara o a se stessa, alla fine del proprio viaggio.